UTI: quale terapia?

22 Gennaio 2017

 

Cari Colleghi,

le infezioni delle vie urinarie sono una patologia frequente nel cane e nel gatto e rappresentano  una delle principali cause di utilizzo di antibiotici e probabilmente anche di abuso o uso imprudente degli stessi. Una terapia impropria,  può portare ad una serie di conseguenze che riguardano la salute del paziente (inefficacia nel risolvere l’infezione), la salute pubblica (insorgenza di batteri multiresistenti) ed aspetti economici (necessità di ripetere o prolungare il trattamento). Ecco i consigli delle linee guida sviluppate dall’Antimicrobial Guidelines Working Group of the International Society for Companion Animal Infectious Diseases per affrontare al meglio queste patologie.
Vet Med Int. 2011; 2011: 263768.

 

 

Infezioni non complicate delle basse vie urinarie

Si tratta di infezioni vescicali batteriche sporadiche, in soggetti in buona salute che non presentano anomalie anatomiche e funzionali delle vie urinarie. Dovrebbero essere diagnosticate interpretando in parallelo la presenza di segni clinici, del sedimento urinario e dei risultati dell’esame colturale.
– I segni clinici comuni sono:
disuria, pollachiuria e/o urgenza ad urinare; non sono patognomonici  di UTI in quanto possono essere presente anche in corso di patologie non infettive.
– Esame completo delle urine:
è’il minimun database in caso di sospetta infezione, ma  insufficiente da solo ad emettere diagnosi di UTI.
– Esame batteriologico per aerobi:
deve essere sempre eseguito per confermare la presenza di infezione, per  identificare eventuali batteri antibiotico-resistenti e per cercare di differenziare una re-infezione da una recidiva.

La terapia antibiotica può essere iniziata prima dell’esito dell’esame colturale per alleviare la sofferenza del paziente.
Nella maggior parte dei casi si raccomanda Amoxicillina (11 – 15 mg/kg PO q8h) o Trimethoprim-Sulfametoxazolo (15 mg/kg PO q12h)   per 7-14 giorni.  Amoxicillina+Acido Clavulanico non è raccomandato come scelta iniziale in quanto non vi sono evidenze che giustifichino l’uso dell’Acido Clavulanico rispetto ad un antibiotico a spettro più limitato ma ugualmente efficace.

Per valutare la risposta alla terapia è sufficiente monitorare i segni clinici, in assenza dei quali non è necessario eseguire un ulteriore esame delle urine od un’urinocoltura intra o post trattamento.


Infezioni complicate delle basse vie urinarie

Si tratta di infezioni che si verificano in soggetti con:

  •  anomalie anatomiche o funzionali delle vie urinarie (prostatiti,  vescica neurologica, urolitiasi)
  • presenza di comorbilità che predispongono ad infezioni persistenti (i.e. diabete mellito, iperadrenocorticismo)
  • infezioni ricorrenti delle vie urinarie (3 o più episodi in 12 mesi) o precedenti trattamenti falliti.

La diagnosi si basa sugli stessi principi discussi per le infezioni semplici ma l’esame colturale con test di sensibilità è FONDAMENTALE  in corso di infezione complicata così come l’individuazione delle cause responsabili di reinfezione o recidiva.

La terapia antibiotica dovrebbe essere conseguente all’esito dell’esame batteriologico se le condizioni del paziente lo permettono, nel caso questo non fosse possibile è consigliata,  una terapia iniziale empirica sovrapponibile a quella indicata per le UTI non complicate, possibilmente variando la classe dell’antibiotico rispetto al trattamento precedente.
Non esiste una durata precisa della terapia, il Gruppo di Studio raccomanda la somministrazione del farmaco per 4 settimane.

Per monitorare la risposta al trattamento una prima urinocoltura dovrebbe essere eseguita dopo 5-7 giorni dall’inizio terapia, soprattutto nei pazienti con pregresse infezioni resistenti o recidivanti o quelli considerati ad alto rischio per infezioni sistemiche o ascendenti, la seconda,  una settimana dopo la sospensione dell’antibiotico.
In caso di trattamento con Cefovecin la seconda urinocoltura dovrebbe essere eseguita dopo tre settimane dalla sospensione della terapia a causa della prolungata escrezione urinaria del farmaco.


Infezioni delle alte vie urinarie (pielonefriti)

Urinocoltura e test di sensibilità dovrebbero essere SEMPRE effettuati.

La terapia va intrapresa immediatamente in attesa dell’esito dell’esame batteriologico utilizzando farmaci attivi contro le Enterobacteriaceae GRAM-negativi, uno dei quali dovrebbe essere un fluorchinolone escreto in forma attiva nelle urine (vedi tabella farmaci ). Si raccomanda un trattamento terapeutico di 4-6 settimane.

Per valutare la risposta alla terapia un esame delle urine con urinocoltura dovrebbe essere effettuato dopo una settimana dall’inizio terapia ed una settimana dopo la sospensione della stessa.


Come raccogliere il campione di urina?

– Cistocentesi: è il metodo da preferire se non ci sono controindicazioni specifiche  (trombocitopenia).
– Cateterismo: possono essere utilizzati campioni di urina ottenuti con questa metodica anche per la coltura batterica.
– Minzione spontanea (mitto intermedio o compressione vescica): non dovrebbero essere utilizzati campioni ottenuti con questo metodo di raccolta.
Le urine dovrebbero essere refrigerate e consegnate prima possibile al laboratorio se questo non è possibile si raccomanda l’utilizzo di provette contenenti un liofilo o batteriostatico che permette la conservazione del campione  per l’esame completo delle urine o per l’urinocoltura.
Oltre alle urine, uroliti e biopsie della mucosa vescicale rappresentano ottimi campioni per la ricerca microbiologica.


Cosa fare in caso di infezione da patogeni multiresistenti?

Il problema dei batteri multiresistenti, tra cui varie  Enterobacteriaceae, Stafilococchi ed Enterococchi, sta diventando sempre più complesso.
I veterinari dovrebbero essere coscienti  che l’utilizzo inappropriato di antibiotici soprattutto in situazioni di emergenza può causare l’insorgenza di ceppi multiresistenti. Per questo motivo la somministrazione di farmaci quali Vancomicina, Carbapenemi e Linezolid deve essere riservato alla lotta ai patogeni multiresistenti  ed è giustificato solo in presenza dei seguenti criteri:

  • l’infezione deve essere diagnosticata sulla base dei segni clinici, l’urinocoltura e le anomalie citologiche del sedimento urinario.
  • deve essere documentata la resistenza al test di sensibilità di tutti gli altri antibiotici.
  • l’infezione deve essere potenzialmente trattabile. Non è giustificato l’utilizzo di questi farmaci in situazioni in cui non ci siano reali potenzialità nel curare l’infezione, come l’impossibilità di eliminare la causa sottostante.
  • Si suggerisce di consultare un esperto di malattie infettive per valutare eventuali altre opzioni terapeutiche.

 

Elisa Talon DVM
Monica Vicini DVM



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A proposito di CAMPYLOBACTERIOSI

17 Novembre 2014

campylobacter

Il genere Campylobacter comprende ben 23 specie riconosciute di batteri bastoncellari, Gram negativi, frequentemente associati a fenomeni diarroici nel cane, nel gatto e nell’uomo, oltre ad essere responsabili di altre patologie nei mammiferi domestici.

Le specie di interesse veterinario nel campo dei piccoli animali sono:

  • CAMPYLOBACTER JEJUNI SPP. JEJUNI

  • CAMPYLOBACTER UPSALIENSIS

  • CAMPYLOBACTER HELVETICUS

La via di infezione è fecale – orale e le fonti di infezione sono rappresentate dalle feci degli animali infetti, da cibi mal cotti o poco cotti e da acque contaminate dal batterio; si tratta di una patologia in aumento anche se poco frequentemente considerata fra le diagnosi differenziali delle forme diarroiche.

La gravità dell’infezione dipende dal numero di microrganismi ingeriti e dalla presenza o meno di una immunità anticorpale legata ad una precedente esposizione.

Inoltre la presenza di altri patogeni enterici quali parvovirus o coronavirus, infestazioni da Giardia o Salmonella, esercita un’azione sinergica sullo sviluppo dei sintomi.

Spesso il cane è solo un portatore asintomatico ma la sindrome clinica si verifica con maggior probabilità nei soggetti di età inferiore ai 12 mesi od in soggetti sottoposti a stress di varia natura (ospedalizzazioni, interventi o patologie concomitanti).

Le diarree associate a Campylobacteriosi possono avere diversi livelli di gravità: da lieve fino alla presenza di feci mucoidi con presenza di sangue ed, in alcuni casi, di tracce biliari (in particolare nei cuccioli con forme acute).

Nel gatto purtroppo la patologia è ancora troppo poco documentata; come nel cane tuttavia, la patologia si manifesta con maggiore gravità nei gattini di età inferiore ai 12 mesi.

La diagnosi si ottiene attraverso colture ottenute o dalle feci o da tamponi fecali (con crescita in 72 – 96 ore) oltre che dalla citologia ottenuta dagli stessi campioni.

La terapia consiste nell’utilizzo di antibiotici nel caso di episodi severi ed acuti di diarrea, in particolare nei cuccioli e nei gattini; l’antibiotico d’elezione è la eritromicina (20 mg/Kg PO ogni 12 ore per 5 – 21 gg) cui seguono gli altri macrolidi, il metronidazolo, le tetracicline, le cefalosporine di seconda generazione ed i fluorochinoloni (anche se sono sempre più frequenti gli episodi di resistenza del batterio verso questo gruppo).

Il nostro laboratorio è in grado di offrirti la possibilità di effettuare colture per il Campylobacter attraverso l’impiego di terreni selettivi incubati in condizioni di microaerofilia e la citologia del campione.

Dr. Daniela Prina



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