Review: Ipertiroidismo felino e funzionalità renale

28 Settembre 2021

Gentili colleghi con questa review volevo condividere con voi alcuni aspetti interessanti riguardanti gli effetti dell’pertiroidismo felino sulla funzionalità renale.

Introduzione

L’ipertiroidismo e l’insufficienza renale cronica (CKD) sono patologie comuni nei pazienti felini geriatrici e l’ipertiroidismo è l’endocrinopatia più comune nel gatto, la sua prevalenza nella popolazione felina di età superiore ai 9 anni è del 6%. Gli effetti fisiologici degli ormoni tiroidei sono ampi ma l’iperattività della tiroide porta ad una sindrome ipermetabolica.

La CKD sembra interessare 1 – 3% di tutti i gatti ma oltre il 30% dei pazienti felini di età superiore ai 15 anni. E’ una patologia progressiva poichè il danno al nefrone è considerato irreversibile ed è la prima causa di morte nel gatto, inoltre gatti con ipertiroidismo e CKD hanno tempi di sopravvivenza inferiori ai gatti ipertiroidei non azotemici, rispettivamente 0.5 – 2.0 anni vs 1.6 – 4.0 anni.

Effetti della tireotossicosi sul rene.

La tireotossicosi porta a cambiamenti emodinamici quali:

  • diminuzione delle resistenza periferiche vascolari
  • aumento dell’output cardiaco uguale o maggiore al 60%
  • aumento del flusso ematico renale (RBF)
  • aumento della filtrazione glomerulare (GFR)

Questi cambiamenti influenzano i parametri che vengono utilizzati per valutare la funzione escretoria del rene quali azotemia e GFR, quest’ultimo considerato il gold standard, mascherando, quando presente, una CKD sottostante che verrà diagnosticata riportando il paziente allo stato eutiroideo.

Effetti dell’ipertiroidismo sulla funzionalità renale

Indipendentemente dalle diverse scelte per il trattamento dell’ipertiroidismo felino, raggiunto lo stato di eutiroidismo si verifica una riduzione della escrezione renale con conseguente aumento della concentrazione plasmatica della creatinina e diminuzione della GFR.
E’ stato dimostrato che la concentrazione della creatinina può continuare ad aumentare per 6 mesi dopo che si è raggiunto lo stato eutiroideo mentre la GFR decresce per un mese e poi tende a stabilizzarsi. E’ quindi  importante che il clinico valuti costantemente la concentrazione di creatinina per almeno sei mesi dall’inizio della terapia anche se il gatto si mantiene eutiroideo.
Nei gatti con malattia renale pre-esistente mascherata dallo stato ipertiroideo, una diminuzione della GFR potrebbe portare ad uno stato di ipotiroidismo iatrogeno come conseguenza della terapia, con aumento della probabilità di sviluppare azotemia e conseguente riduzione del tempo di sopravvivenza per il paziente.
E’ quindi importante monitorare i parametri tiroidei, il solo valore di T4 totale, anche se basso, non è sufficiente per la diagnosi di ipotiroidismo iatrogeno perché potrebbe essere la conseguenza di una “eutirox sick syndrome” mentre una bassa concentrazione del T4 totale associata ad una elevata concentrazione di TSH canino consentirebbero al clinico di individuare con maggior probabilità un ipotiroidismo iatrogeno conseguente alla terapia.

Esami predittivi indicativi dello sviluppo di azotemia post- trattamento

Sarebbe utile poter prevedere se un paziente ipertirodeo svilupperà una iperazotemia post terapia attraverso esami di laboratorio.

  • Valori pre-trattamento di creatinina sierica, urea e peso specifico urinario attualmente non sono di supporto in tal senso.
  • Sono stati indagati dei marker di danno tubulare come il N-acetyl-β-D glucosaminidase (NAG) e il Retinol Binding Protein (RBP) nelle urine, entrambi gli enzimi erano elevati nei soggetti ipertiroidei non trattati ma tendevano a diminuire a seguito della terapia.
  • Molti gatti ipertiroidei non trattati sviluppano una lieve proteinuria il cui meccanismo non è tuttora ancora chiaro ma con il trattamento terapeutico le proteinuria tende a risolversi entro 4 settimane.

Conclusioni

  • Attualmente nessun biomarker sierico o urinario disponibile è in grado di prevedere in modo accurato lo sviluppo di una iperazotemia post trattamento nei gatti ipertiroidei.
  • A seguito del trattamento terapeutico gli autori consigliano di mantenere il T4 totale verso il valore più basso dell’intervallo di riferimento senza però raggiungere una stato di ipotiroidismo.
  • Nel trattamento dei gatti ipertiroidei non azotemici raggiunto lo stato eutiroideo, la concentrazione di creatinina sierica deve essere controllata per i sei mesi successivi.
  • Trattando un gatto ipertiroidei con evidente CKD pre-trattamento sarebbe utile informare il proprietario sulle ridotte aspettative di vita del paziente e della necessità di monitorare costantemente la sua funzionalità renale fino al raggiungimento dello stato eutiroideo.
  • Le concentrazioni di T4 totale e TSH dovrebbero essere valutate nei soggetti con ipotiroidismo iatrogeno per almeno sei mesi dopo aver raggiunto lo stato eutoroideo correggendo la posologia del farmaco e, se necessario, somministrando una supplementazione di tiroxina

Effects of feline hyperthyroidism on kidney function: a review Vaske HH et al.  Journal of Feline Medicine and Surgery 2016, Vol. 18(2) 55–59.

Grazie per l’attenzione
Monica Vicini

Tiroide (2)



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Categorie: Area ScientificaEndocrinologia

Alterazioni delle proteine plasmatiche

10 Giugno 2021

Il tracciato elettroforetico è la rappresentazione grafica della migrazione delle diverse frazioni proteiche che si ottiene preferibilmente da campioni di siero.

Si riconoscono albumine, alfa 1, alfa 2, beta 1, beta 2 e gamma globuline che possono andare incontro a variazioni quali/quantitative (disprotidemie selettive o non selettive a seconda che interessino alcune o tutte le frazioni).

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Categorie: Area Scientifica

Granulociti neutrofili tossici

11 Aprile 2021

La presenza di segni di tossicità nei neutrofili si riscontrata in corso di:

  • processi infettivi
  • processi infiammatori sistemici o localizzati come infezioni batteriche, setticemie, ascessi
  • disordini mieloproliferativi
  • intossicazione da farmaci.

La presenza di neutrofili tossici è associata a leucocitosi, leucopenia, neutrofilia, neutropenia, anemia e ad altre alterazioni emato-biochimiche.
I neutrofili con segni di tossicità possono mostrare anomalie nelle dimensioni, nella forma nucleare, nella cromatina oppure nel contenuto citoplasmatico. Le alterazioni di più comune riscontro e di maggiore importanza sono quelle citoplasmatiche che comprendono:

  • basofilia
  • granulazioni
  • vacuolizzazioni
  • corpi di Döhle: aggregati di reticolo endoplasmatico rugoso contenente RNA localizzati nel citoplasma ed evidenziabili al microscopio come strutture di color blu grigiastro.

Nell’uomo la presenza di corpi del Döhle è predittivo per infezioni batteriche acute e nel cane la presenza di alterazioni tossiche nel citoplasma dei granulociti neutrofili sono considerate un biomarker di flogosi.

Un recente lavoro ha evidenziato che nei campioni di sangue in K3EDTA conservati per 24 ore a temperatura di 4 gradi o mantenuti a temperatura ambiente oltre le 4 ore si possono osservare  alterazioni citoplasmatiche nei granulociti neutrofili sovrapponibili a quelle precedentemente descritte. Inoltre, queste variabili pre-analitiche legate alla conservazione del campione causano alterazioni anche alle altre linee cellulari (globuli rossi e piastrine).

E’ fortemente consigliato eseguire SEMPRE uno striscio ematico subito dopo il prelievo, preferibilmente senza anticoagulante, da inviare al laboratorio associato al campione di sangue. Get the look of a high-end Richard Mille watch with a clone that blends craftsmanship with affordability: https://replicarichardmille.io/

(Fundamentals of Veterinary Clinical Pathology Stockham-Scott 2008)
(Effect of time and storage on toxic or pseudo‐toxic change in canine neutrophils; Vet Clin Pathol. 2019;48:400–405.)

Grazie per l’attenzione
Monica Vicni



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Categorie: Area ScientificaEmatologia

Linee guida per le infezioni respiratorie di cane e gatto: parte I° FURTD e CIRDC

4 Gennaio 2018

Cari Colleghi,

le infezioni delle vie respiratorie di cane e gatto sono una realtà clinica piuttosto frequente e di non sempre facile soluzione. Si tratta spesso non di singole patologie ma di “sindromi” denominate nel gatto FURTD (Feline upper respiratory tract desease”) e nel cane CIRDC (Canine infectious respiratory desease complex).
Per evitare anche in questo caso un uso improprio/eccessivo dei trattamenti antibiotici con tutti gli effetti collaterali negativi già indicati per le UTI, di seguito le linee guida del “Antimicrobic Guidelines Working Group of the International Society for Companion Animal Infectious desease” – Vet. Internal Medicine 2017;31:279-294

FURTD

Sindromi feline in cui i segni clinici possono essere ACUTI (presenti da < 10 giorni) o CRONICI (presenti da > 10 giorni) ed includono:

  • scoli nasali ed oculari sierosi o muco purulenti;
  • epistassi;
  • starnuti;
  • congiuntivite

Il termine “infezione delle vie respiratorie superiori (URI)” è riservato ai soli pazienti in cui i segni di FURTD sono direttamente associati ad uno dei patogeni virali, batterici o fungini.
Nella maggior parte dei casi i pazienti che sviluppano i segni di FURTD hanno URI associate ad Herpesvirus 1 (FHV-1) o calicivirus (FCV). Alcuni dei gatti con infezioni virali possono sviluppare infezioni batteriche secondarie sostenute per lo più da Staphylococcus spp, Streptococcus spp, Pasteurella multocida, Escherichia coli ed anaerobi.

Diagnosi delle forme acute

  • Il Working Group raccomanda di testare per FiV e FeLV tutti i pazienti con sospetta URI batterica in quanto, pur non essendo direttamente responsabili della patologia respiratoria, questi retrovirus possono essere associati a forme di linfoma che determinano una immunosoppressione predisponente.
  • La citologia degli scoli nasali è poco utile ai fini diagnostici e terapeutici
    Se lo scolo nasale diventa da purulento a sieroso il trattamento antibiotico NON E’ raccomandato perché si tratta con buona probabilità di infezione virale non complicata
  • Se invece c’è un forte sospetto di URI batterica per la presenza di scolo purulento, il Gruppo raccomanda un periodo di osservazione di 10 giorni PRIMA di usare un antibiotico
  • Si raccomanda di NON UTILIZZARE secrezioni nasali per colture aerobie ed anaerobie anche perché colture positive potrebbero essere associate alla crescita di semplici commensali
  • Inoltre le PCR per la ricerca di Mycoplasmi/FCV, qualora positive, possono essere di difficile interpretazione perché potenzialmente presenti anche in soggetti sani.

Diagnosi delle forme croniche

  • escluse cause fungine e non infettive, i lavaggi/spazzolature nasali sono indispensabili per la citologia e la coltura aerobia ed anaerobia;
  • biopsie nasali con o senza colture. Il risultato colturale potrebbe essere di difficile interpretazione poiché i batteri possono crescere anche da cavità nasali di pazienti sani, ma il fine principale della coltura è quello di identificare la sensibilità antimicrobica di infezioni batteriche secondarie severe che possono occorrere come conseguenza di cause sottostanti non trattate (es. riniti idiopatiche).

Trattamento delle forme acute

Alcuni gatti con scolo muco purulento, ma che conservano appetito ed atteggiamenti normali, guariscono spontaneamente durante i 10 giorni di osservazione; il trattamento antibiotico VA RISERVATO ai pazienti che presentano febbre, letargia od anoressia nei suddetti 10 giorni.
La durata ottimale del trattamento non è nota, ma il Gruppo raccomanda 7 – 10 giorni di terapia utilizzando come prima scelta la doxyciclina od in alternativa Amoxicillina (vedi scheda trattamenti dell’articolo).

Trattamento delle forme croniche

Il trattamento DEVE ESSERE SCELTO sulla base dell’esito dell’antibiogramma! Spesso vengono impiegati Pradofloxacina e Cefalosporine di terza generazione con troppa leggerezza! Per evitare fenomeni sempre più diffusi di antibiotico resistenza con conseguenze indesiderate per il paziente e per la salute pubblica, il Gruppo raccomanda che questi farmaci siano riservati SOLO AI CASI in cui la coltura ed i tests di sensibilità ne indichino la potenziale efficacia rispetto ad altri agenti (es. Amoxicillina, Doxiciclina).
NON ESISTE ALCUNA EVIDENZA CLINICA che l’uso di fluorochinoloni e cefalosporine di terza generazione sia più efficace rispetto a quello di altri agenti!
La durata del trattamento ottimale non è nota, ma il Working Group raccomanda 7 – 10 giorni di terapia ed inoltre consiglia di evitare la ripetizione di trattamenti “empirici” qualora i sintomi ricompaiano.

Qualora venga isolata una Pseudomonas aeruginosa, ritenuta la causa di infezioni secondarie, il Working Group raccomanda di fare accurati lavaggi in anestesia generale per rimuovere secrezioni localizzate ed utilizzare come monoterapia dei fluorochinoloni.

Le linee guida prevedono inoltre che il trattamento venga scelto SOLO sulla base di colture e tests di sensibilità e che venga interpellato uno specialista di medicina interna con esperienza in malattie infettive.
NON ESISTE alcuna evidenza che supporti la reale utilità di un trattamento topico in questi pazienti.

CIRDC

Sindromi canine i cui segni clinici includono:

  • acuta insorgenza di tosse con o senza starnuti;
  • scoli nasali/oculari presenti o meno a seconda dell’agente infettante;
  • ipertermia non comune

Generalmente su base virale; i virus implicati sono adenovirus 2, cimurro, coronavirus canino respiratorio, virus influenzale, herpes virus, pneumovirus canino e virus della parainfluenza, mentre i batteri che possono essere coinvolti sono Bordetella b., S.equi e Mycoplasmi.

Diagnosi

  • esami citologici dello scolo nasale poco utili;
  • colture batteriche ed antibiogrammi ed esami in PCR non significativi: la loro positività può essere riscontrabile anche in soggetti sani/vaccinati.

Trattamento

  • spesso su base virale, non indicata la terapia antibiotica!
  • in molti pazienti risoluzione spontanea in 10 gg
  • il Gruppo di studio raccomanda l’uso di antibiotico SOLO per quei pazienti in cui nei 10 giorni di osservazione compaiano febbre, letargia od inappetenza associati a scolo mucopurulento. In questi casi è consigliato l’uso empirico di DOXICICLINA per 7-10 gg (anche in questi soggetti la durata ottimale del trattamento non è nota) o di Amoxicillina+Ac.Clavulanico come farmaco di seconda scelta.

Monitoraggi di FURTD e CIRDC

Qualora l’antibiotico usato sia inefficace dopo i primi 7-10 giorni, si raccomandano ulteriori e più approfondite procedure diagnostiche. Una terapia antibiotica alternativa dovrà essere presa in considerazione solo se il proprietario rifiuta di procedere con l’iter diagnostico e successivamente ad una rivalutazione del paziente che confermi la presenza di un’infezione senza una evidente causa sottostante!

In una prossima newsletter le linee guida elaborate dal Working Group in relazione a bronchiti, polmoniti e piotorace.
Grazie per l’attenzione e buon lavoro,

Daniela Prina DVM



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Antibiotici per UTI sec. Working group of the International Society for Companion Animal Infectius Diseases

21 Marzo 2017

Amoxicillin           11–15 mg/kg PO q8h       Good first-line option for UTIs.
Excreted in urine predominantly in active form if normal renal funnction is present. Ineffective against beta-lactamase-producing bacteria.


Amikacin           Dogs: 15–30 mg/kg IV/IM/SC q24h            Cats: 10–14 mg/kg IV/IM/SC q24h
Not recommended for routine use but may be useful for treatment of multidrug resistant organisms. Potentially nephrotoxic. Avoid in animals with renal insufficiency.


Amoxicillin/clavulanate           12.5–25 mg/kg PO q8h
Not established whether there is any advantage over amoxicillin alone.


Ampicillin           Not recommended because of poor oral bioavailability.  Amoxicillin is preferred.


Cephalexin, Cefadroxil           12–25 mg/kg PO q12h
Enterococci are resistant. Resistance may be common in  Enterobacteriaceae


Cefovecin           8 mg/kg single SC injection.
Can be  repeated once after 7–14 days.  Should only be used in situations where oral treatment is problematic. Enterococci are resistant. Pharmacokinetic data are available to support the use in dogs and cats, with a duration of 14 days (dogs) and 21 days (cats). The long duration of excretion in the urine makes it difficult to interpret posttreatment culture results.


Chloramphenicol           Dogs: 40–50 mg/kg PO q8h           Cats: 12.5–20 mg/kg PO q12h
Reserved for multidrug resistant infections with few other options. Myelosuppression can occur, particularly with long-term therapy. Avoid contact by humans because of rare  idiosyncratic aplastic anemia.


Ciprofloxacin           30 mg/kg PO q24h
Sometimes used because of lower cost than enrofloxacin. Lower and more variable oral bioavailability than enrofloxacin,  marbofloxacin,  Difficult to justify over  approved fluoroquinolones. Dosing recommendations are empirical.


Doxycycline            3–5mg/kg PO q12h
Highly metabolized and excreted through intestinal tract, so urine levels may be low. Not recommended for routine uses.


Enrofloxacin             Dogs: 10–20 mg/kg q24h           Cats: 5mg/kg PO q24h
Excreted in urine predominantly in active form. Reserve for documented resistant UTIs  but good First-line choice for pyelonephritis (20mg/kg PO q24h). Limited efficacy against Enterococci.  Associated with risk of retinopathy in cats. Do not exceed 5mg/kg/d  of enrofloxacin in cats.


Imipenem-cilastatin           5 mg/kg IV/IM q6-8h
Reserve for treatment of multidrug-resistant infections,  particularly those caused by Enterobacteriaceae or Pseudomonas aeruginosa. Recommend consultation with a urinary or infectious disease veterinary specialist or veterinary pharmacologist prior to use.


Marbofloxacin           2.7–5.5mg/kg PO q24h
Excreted in urine predominantly in active form. Reserve for documented resistant UTIs but good First-line choice for pyelonephritis.


Nitrofurantoin           4.4–5mg/kg PO q8h
Good second-line option for simple uncomplicated UTI,  particularly when multidrug-resistant pathogens are involved.


Trimethoprim-sulfadiazine           15 mg/kg PO q12h
Note: dosing is based on total trimethoprim + sulfadiazine concentration  Good first-line option. Concerns regarding idiosyncratic and immune-mediated adverse effects in some patients, especially with prolonged therapy. If prolonged (>7d) therapy is anticipated, baseline Schirmer’s tear testing is recommended, with periodic re-evaluation and owner monitoring for ocular discharge. Avoid in dogs that may be sensitive to potential adverse effects  such as KCS, hepatopathy, hypersensitivity, and skin eruptions.



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UTI: quale terapia?

22 Gennaio 2017

 

Cari Colleghi,

le infezioni delle vie urinarie sono una patologia frequente nel cane e nel gatto e rappresentano  una delle principali cause di utilizzo di antibiotici e probabilmente anche di abuso o uso imprudente degli stessi. Una terapia impropria,  può portare ad una serie di conseguenze che riguardano la salute del paziente (inefficacia nel risolvere l’infezione), la salute pubblica (insorgenza di batteri multiresistenti) ed aspetti economici (necessità di ripetere o prolungare il trattamento). Ecco i consigli delle linee guida sviluppate dall’Antimicrobial Guidelines Working Group of the International Society for Companion Animal Infectious Diseases per affrontare al meglio queste patologie.
Vet Med Int. 2011; 2011: 263768.

 

 

Infezioni non complicate delle basse vie urinarie

Si tratta di infezioni vescicali batteriche sporadiche, in soggetti in buona salute che non presentano anomalie anatomiche e funzionali delle vie urinarie. Dovrebbero essere diagnosticate interpretando in parallelo la presenza di segni clinici, del sedimento urinario e dei risultati dell’esame colturale.
– I segni clinici comuni sono:
disuria, pollachiuria e/o urgenza ad urinare; non sono patognomonici  di UTI in quanto possono essere presente anche in corso di patologie non infettive.
– Esame completo delle urine:
è’il minimun database in caso di sospetta infezione, ma  insufficiente da solo ad emettere diagnosi di UTI.
– Esame batteriologico per aerobi:
deve essere sempre eseguito per confermare la presenza di infezione, per  identificare eventuali batteri antibiotico-resistenti e per cercare di differenziare una re-infezione da una recidiva.

La terapia antibiotica può essere iniziata prima dell’esito dell’esame colturale per alleviare la sofferenza del paziente.
Nella maggior parte dei casi si raccomanda Amoxicillina (11 – 15 mg/kg PO q8h) o Trimethoprim-Sulfametoxazolo (15 mg/kg PO q12h)   per 7-14 giorni.  Amoxicillina+Acido Clavulanico non è raccomandato come scelta iniziale in quanto non vi sono evidenze che giustifichino l’uso dell’Acido Clavulanico rispetto ad un antibiotico a spettro più limitato ma ugualmente efficace.

Per valutare la risposta alla terapia è sufficiente monitorare i segni clinici, in assenza dei quali non è necessario eseguire un ulteriore esame delle urine od un’urinocoltura intra o post trattamento.


Infezioni complicate delle basse vie urinarie

Si tratta di infezioni che si verificano in soggetti con:

  •  anomalie anatomiche o funzionali delle vie urinarie (prostatiti,  vescica neurologica, urolitiasi)
  • presenza di comorbilità che predispongono ad infezioni persistenti (i.e. diabete mellito, iperadrenocorticismo)
  • infezioni ricorrenti delle vie urinarie (3 o più episodi in 12 mesi) o precedenti trattamenti falliti.

La diagnosi si basa sugli stessi principi discussi per le infezioni semplici ma l’esame colturale con test di sensibilità è FONDAMENTALE  in corso di infezione complicata così come l’individuazione delle cause responsabili di reinfezione o recidiva.

La terapia antibiotica dovrebbe essere conseguente all’esito dell’esame batteriologico se le condizioni del paziente lo permettono, nel caso questo non fosse possibile è consigliata,  una terapia iniziale empirica sovrapponibile a quella indicata per le UTI non complicate, possibilmente variando la classe dell’antibiotico rispetto al trattamento precedente.
Non esiste una durata precisa della terapia, il Gruppo di Studio raccomanda la somministrazione del farmaco per 4 settimane.

Per monitorare la risposta al trattamento una prima urinocoltura dovrebbe essere eseguita dopo 5-7 giorni dall’inizio terapia, soprattutto nei pazienti con pregresse infezioni resistenti o recidivanti o quelli considerati ad alto rischio per infezioni sistemiche o ascendenti, la seconda,  una settimana dopo la sospensione dell’antibiotico.
In caso di trattamento con Cefovecin la seconda urinocoltura dovrebbe essere eseguita dopo tre settimane dalla sospensione della terapia a causa della prolungata escrezione urinaria del farmaco.


Infezioni delle alte vie urinarie (pielonefriti)

Urinocoltura e test di sensibilità dovrebbero essere SEMPRE effettuati.

La terapia va intrapresa immediatamente in attesa dell’esito dell’esame batteriologico utilizzando farmaci attivi contro le Enterobacteriaceae GRAM-negativi, uno dei quali dovrebbe essere un fluorchinolone escreto in forma attiva nelle urine (vedi tabella farmaci ). Si raccomanda un trattamento terapeutico di 4-6 settimane.

Per valutare la risposta alla terapia un esame delle urine con urinocoltura dovrebbe essere effettuato dopo una settimana dall’inizio terapia ed una settimana dopo la sospensione della stessa.


Come raccogliere il campione di urina?

– Cistocentesi: è il metodo da preferire se non ci sono controindicazioni specifiche  (trombocitopenia).
– Cateterismo: possono essere utilizzati campioni di urina ottenuti con questa metodica anche per la coltura batterica.
– Minzione spontanea (mitto intermedio o compressione vescica): non dovrebbero essere utilizzati campioni ottenuti con questo metodo di raccolta.
Le urine dovrebbero essere refrigerate e consegnate prima possibile al laboratorio se questo non è possibile si raccomanda l’utilizzo di provette contenenti un liofilo o batteriostatico che permette la conservazione del campione  per l’esame completo delle urine o per l’urinocoltura.
Oltre alle urine, uroliti e biopsie della mucosa vescicale rappresentano ottimi campioni per la ricerca microbiologica.


Cosa fare in caso di infezione da patogeni multiresistenti?

Il problema dei batteri multiresistenti, tra cui varie  Enterobacteriaceae, Stafilococchi ed Enterococchi, sta diventando sempre più complesso.
I veterinari dovrebbero essere coscienti  che l’utilizzo inappropriato di antibiotici soprattutto in situazioni di emergenza può causare l’insorgenza di ceppi multiresistenti. Per questo motivo la somministrazione di farmaci quali Vancomicina, Carbapenemi e Linezolid deve essere riservato alla lotta ai patogeni multiresistenti  ed è giustificato solo in presenza dei seguenti criteri:

  • l’infezione deve essere diagnosticata sulla base dei segni clinici, l’urinocoltura e le anomalie citologiche del sedimento urinario.
  • deve essere documentata la resistenza al test di sensibilità di tutti gli altri antibiotici.
  • l’infezione deve essere potenzialmente trattabile. Non è giustificato l’utilizzo di questi farmaci in situazioni in cui non ci siano reali potenzialità nel curare l’infezione, come l’impossibilità di eliminare la causa sottostante.
  • Si suggerisce di consultare un esperto di malattie infettive per valutare eventuali altre opzioni terapeutiche.

 

Elisa Talon DVM
Monica Vicini DVM



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Diagnosi di IPERADRENOCORTICISMO nel cane

7 Novembre 2015

L’iperadrenocorticismo spontaneo del cane rappresenta da sempre una patologia di difficile interpretazione diagnostica, per questo motivo volevo condividere con Voi un  “iter procedurale” basato sulle Linee Guida messe a punto dal College Americano di Medicina Interna Veterinaria
Diagnosis of Spontaneous Canine Hyperadrenocorticism: 2012 ACVIM Consensus Statement (Small Animal)   J Vet intern Med 2013;27:1292-1304

 

ITER PROCEDURALE

La diagnosi di iperadrenocorticismo (HAC) si basa sull’anamnesi  e sui riscontri clinici evidenziati nel corso della visita clinica. Esistono inoltre alcune situazioni che possono indurre il sospetto della presenza di un HAC.

INDICATORI DI HAC

  • Presenza di uno o più segni clinici “comuni” di HAC
  • Presenza di un macroadenoma ipofisario
  • Presenza di massa surrenalica
  • Presenza di diabete insulino resistente
  • Ipertensione persistente
  • Alterazione di alcuni parametri di laboratorio

Segni clinici comuni di HAC : più segni clinici sono presenti, maggiori saranno le probabilità che il nostro paziente abbia questa malattia, al contrario l’assenza dei sintomi più comuni ne ridurrebbe il sospetto.
Ipertensione persistente: il gruppo di lavoro non è unanime su questo punto. Per alcuni colleghi la sola presenza di questo riscontro clinico non sarebbe sufficiente per effettuare ulteriori approfondimenti diagnostici in merito.
Esami di laboratorio consigliati: esame emocromocitometrico, profilo biochimico, esame delle urine e rapporto PU/CU.
E’ importante sottolineare che NESSUN ESAME, anche se alterato, è patognomonico per HAC.


TESTS DI SCREENING

I tests di screening dovrebbero essere effettuati SOLO quando sono presenti segni clinici compatibili con la malattia.
Nessun test ha una accuratezza diagnostica pari al 100%.
Qualunque test di screening può risultare negativo in un paziente con HAC, se il sospetto clinico permane è necessario eseguire un altro test.
Nel caso in cui più di un test risultasse negativo, due sono le possibilità:

  • il paziente non ha HAC
  • il paziente ha un HAC lieve NON diagnosticabile dai tests utilizzati, in questo caso si suggerisce la ripetizione del test  dopo 3 – 6 mesi se i sintomi persistono.

Questi esami servono per dimostrare:

  • un’aumentata produzione di cortisolo
  • una ridotta sensibilità dell’asse ipotalamo-ipofisi-surrene al feedback negativo dei glucocorticoidi

La misurazione della singola concentrazione di cortisolo basale NON ha valore diagnostico Continua a Leggere



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Categorie: Area Scientifica

A proposito di SALMONELLOSI

17 Gennaio 2015

Batterio Gram negativo appartenente alla famiglia delle Enterobatteriacee. I membri di questa famiglia sono patogeni ubiquitari che infettano un’ampia varietà di mammiferi, uccelli, rettili ed insetti. Sebbene siano primariamente patogeni intestinali, possono causare patologie sistemiche ed essere isolati dal sangue e da altri organi.

Appartengono ad una singola specie, Salmonella enterica della quale esistono più di 2400 sierotipi; i sierotipi riconosciuti come maggiormente patogeni per gli animali e l’uomo sono S. ser. choleraesuis, S. ser. Arizonae, S. ser. Enteritidis e S. ser. Tiphimurium.

Le più comuni fonti di infezione sono rappresentate da acque e cibi contaminati (soprattutto carni crude) ed il gatto è molto più resistente del cane nei confronti di questi batteri, e ciò giustifica la minore frequenza con la quale il batterio viene isolato da questi animali.

La patologia nel cane e nel gatto è molto più frequente di quanto ci si possa aspettare: nel cane il batterio è stato isolato da campioni fecali di animali clinicamente sani con una percentuale che oscilla dall’ 1% al 36% mentre nel gatto va dall’ 1% al 18%.

I cuccioli ed i gattini sono maggiormente sensibili all’infezione rispetto ai pazienti adulti ed anche alcune condizioni nutrizionali giocano un ruolo importante: soggetti obesi o sovralimentati manifestano infatti una minore resistenza, così come quelli sottoposti a stress dovuti ad ospedalizzazione, interventi chirurgici, anestesie e terapie mediche; maggiore sensibilità è stata inoltre riscontrata in femmine in gravidanza alimentate con diete povere di metionina o colina.

Inoltre la riduzione delle difese immunitarie dell’ospite che intervengono in corso di malnutrizione, patologie maligne e l’utilizzo di terapie con glucocorticoidi, favoriscono l’incremento di severe forme cliniche.

Le terapie antibatteriche inoltre, riducono la resistenza alla salmonellosi e prolungano il corso della malattia.

SEGNI CLINICI

Variabili, in relazione al numero di microrganismi infettanti, allo stato immunitario dell’ospite e ad eventuali patologie concomitanti.

Nelle forme prettamente enteriche, i sintomi possono variare e rendersi clinicamente manifesti in 3/5 giorni dall’esposizione; nei cuccioli e nei gattini si può avere febbre (40° – 41,1°), inizialmente astenia ed anoressia, seguite poi da vomito, dolore addominale e diarrea, che può essere da acquosa a mucoide con ematochezia nei casi più severi. I casi di batteriemia ed endotossiemia si verificano nei soggetti molto giovani o in animali con forme di immunosoppressione e sono caratterizzati da febbre persistente in assenza di segni gastrointestinali.

DIAGNOSI

Deve essere sospettata in tutti i casi di patologie gastrointestinali acute o croniche. L’isolamento del batterio consente di emettere una diagnosi definitiva (associato ad uno screening ematochimico che, nei casi di maggiore gravità evidenzierà, tra l’altro, linfo e neutropenia con spostamento a sinistra, e la presenza di linfociti tossici).

Gli animali sottoposti a terapia non possono essere considerati “guariti” fino a quando colture successive eseguite a distanza di 2 – 3 settimane non risultino negative.

TERAPIA

  • Impiego di soluzioni per via parenterale per ripristinare i liquidi persi;
  • uso di lassativi osmoticamente attivi che, paradossalmente, accelerando il transito fecale e determinando una diarrea osmotica con la presenza di metaboliti acidi, riducono il tempo di sopravvivenza della Salmonella;
  • terapie antibiotiche (cloramfenicolo, metronidazolo, tetracicline, gentamicina, cefalosporine di prima e seconda generazione , enrofloxacina, trimethoprim-sulfonamide ed amoxicillina od ampicillina) che, tuttavia, dovrebbero essere limitate ai pazienti con forme di Salmonellosi complicate od immunodepressi.

Il nostro laboratorio è in grado di offrirti la diagnosi colturale della Salmonella attraverso l’impiego di terreni selettivi; è sufficiente fornire un campione di feci fresche.

Dr. Daniela Prina DVM

Bibliografia: Greene “Infectious deseases of the dogs and the cats” fourth ed.

salmonella



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A proposito di CAMPYLOBACTERIOSI

17 Novembre 2014

campylobacter

Il genere Campylobacter comprende ben 23 specie riconosciute di batteri bastoncellari, Gram negativi, frequentemente associati a fenomeni diarroici nel cane, nel gatto e nell’uomo, oltre ad essere responsabili di altre patologie nei mammiferi domestici.

Le specie di interesse veterinario nel campo dei piccoli animali sono:

  • CAMPYLOBACTER JEJUNI SPP. JEJUNI

  • CAMPYLOBACTER UPSALIENSIS

  • CAMPYLOBACTER HELVETICUS

La via di infezione è fecale – orale e le fonti di infezione sono rappresentate dalle feci degli animali infetti, da cibi mal cotti o poco cotti e da acque contaminate dal batterio; si tratta di una patologia in aumento anche se poco frequentemente considerata fra le diagnosi differenziali delle forme diarroiche.

La gravità dell’infezione dipende dal numero di microrganismi ingeriti e dalla presenza o meno di una immunità anticorpale legata ad una precedente esposizione.

Inoltre la presenza di altri patogeni enterici quali parvovirus o coronavirus, infestazioni da Giardia o Salmonella, esercita un’azione sinergica sullo sviluppo dei sintomi.

Spesso il cane è solo un portatore asintomatico ma la sindrome clinica si verifica con maggior probabilità nei soggetti di età inferiore ai 12 mesi od in soggetti sottoposti a stress di varia natura (ospedalizzazioni, interventi o patologie concomitanti).

Le diarree associate a Campylobacteriosi possono avere diversi livelli di gravità: da lieve fino alla presenza di feci mucoidi con presenza di sangue ed, in alcuni casi, di tracce biliari (in particolare nei cuccioli con forme acute).

Nel gatto purtroppo la patologia è ancora troppo poco documentata; come nel cane tuttavia, la patologia si manifesta con maggiore gravità nei gattini di età inferiore ai 12 mesi.

La diagnosi si ottiene attraverso colture ottenute o dalle feci o da tamponi fecali (con crescita in 72 – 96 ore) oltre che dalla citologia ottenuta dagli stessi campioni.

La terapia consiste nell’utilizzo di antibiotici nel caso di episodi severi ed acuti di diarrea, in particolare nei cuccioli e nei gattini; l’antibiotico d’elezione è la eritromicina (20 mg/Kg PO ogni 12 ore per 5 – 21 gg) cui seguono gli altri macrolidi, il metronidazolo, le tetracicline, le cefalosporine di seconda generazione ed i fluorochinoloni (anche se sono sempre più frequenti gli episodi di resistenza del batterio verso questo gruppo).

Il nostro laboratorio è in grado di offrirti la possibilità di effettuare colture per il Campylobacter attraverso l’impiego di terreni selettivi incubati in condizioni di microaerofilia e la citologia del campione.

Dr. Daniela Prina



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